Il mercato in espansione dell’Internet of Things
Nel 2023 il mercato dell’Internet of Things ha raggiunto un valore di 8,9 miliardi di euro, con un aumento del 9% rispetto al 2022. Tra i diversi ambiti, un’ampia parte è costituita dalla Smart Car, che detiene un fatturato di oltre 1,5 miliardi di euro, corrispondente al 18% del totale. Al secondo posto, ci sono le applicazioni IoT nel mondo utility, che detengono 1,38 miliardi di euro (in incremento dell’1%). Nel 2023 sono stati installati altri 750.000 contatori gas connessi, portando la diffusione all’87% del parco complessivo, e 1,7 milioni contatori elettrici di seconda generazione, raggiungendo una quota del 71%. Per quanto riguarda il fronte idrico, sono stati 850.000 i contatori smart installati nel 2023 (17% del totale). Sembrano esserci, a questo proposito, prospettive di crescita per il futuro. “Se si considera la riduzione degli incentivi legati al Piano Transizione 4.0 e al Superbonus nel corso dell’anno, il risultato è particolarmente positivo”, ha affermato Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio IoT durante il convegno "Notte prima degli esami: Internet of Things alla prova di maturità. "
Per la verità, sebbene ci sia stata una crescita del valore di mercato, nel 2023 si è assistito a un rallentamento nel lancio di nuovi progetti Industrial IoT in Italia: il 18% delle grandi aziende ha avviato progetti nel corso dell’ultimo anno (in diminuzione rispetto al 31% del 2022 e al 21% del 2021).
“Questo calo è da imputare in primis al dimezzamento degli incentivi, che da alcuni anni hanno ormai un impatto diretto sull’avvio di nuovi progetti. A testimonianza di ciò, quasi la metà delle imprese (48%) ha attribuito un ruolo chiave agli incentivi nella decisione di attivare progettualità di Smart Factory in passato” ha evidenziato Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things.
Considerando le aziende produttrici di macchinari operanti in Italia, come si legge nel comunicato stampa dell’Osservatorio di Digital Innovation, il 60% delle imprese ha una conoscenza discreta o elevata delle soluzioni IoT e quasi 1 azienda su 2 (46%) connette la maggior parte (31%), se non tutti (15%), i macchinari che realizza. La percentuale aumenta se si include anche chi connette solo una piccola parte di quelli prodotti, arrivando al 75% (corrispondente a 3 aziende su 4).
Come ha continuato Miragliotta: “Nel biennio 2024-25, grazie al nuovo Piano di Transizione 5.0 che prevede lo stanziamento di 6,3 miliardi di euro, ci si augura che la tendenza potrà essere finalmente invertita. Oltre all’acquisto di beni strumentali materiali o immateriali 4.0, i fondi dovranno essere destinati anche a beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo da fonti rinnovabili e alla formazione del personale in competenze per la transizione verde”.
Occorre generare valore dai dati
Se è vero che la percentuale di aziende che produce macchinari connessi è oggi rilevante, il potenziale che potrebbero avere i dati raccolti non è ancora sfruttato al meglio: secondo quanto emerge, il 49% delle aziende non ha accesso alle informazioni che rilevano i dispositivi utilizzati dai clienti. Inoltre, tra chi li usa, il 58% non sfrutta i dati per sviluppare versioni migliorative o non sa se sono effettivamente impiegati per questo scopo. Del restante 42%, soltanto nel 10% dei casi le aziende utilizzano i dati raccolti per sviluppare versioni migliorative, sfruttando la tecnologia Digital Twin. Risulta invece positivo l’approccio dei produttori verso i nuovi servizi: la maggior parte delle aziende che ha venduto macchinari connessi ha abbinato anche servizi aggiuntivi (64%), quali la manutenzione preventiva (36% del campione) e di tipo informativo (26%).
Se i dati fossero sfruttati in modo più efficiente, potrebbero generare un alto valore aggiunto. Ma ci sono ancora passi da fare in questa direzione. Secondo il report "Verso l’Industria 5.0: dati, servizi e sostenibilità 2023-2024", un focus sulla manifattura dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, che presenta lo scenario applicativo dell’Industrial IoT in Italia, approfondendo i principali trend in atto e le innovazioni emergenti, la tendenza si riscontra sia nelle Piccole e medie imprese (PMI) sia nella grandi (sono state coinvolte 118 grandi imprese industriali italiane): il 52% delle grandi aziende usa i dati, ma soltanto il 27% li elabora in modo efficiente. Nelle PMI le percentuali sono più basse: il 20% li usa e il 12% li elabora in modo efficace.
Transizione 5.0, un punto di svolta per la manifattura
Grazie alla capacità di raccogliere e analizzare grandi quantità di dati provenienti dai processi di produzione, l’IoT può realmente trasformare – e già lo sta facendo – il controllo di qualità nelle aziende. Queste possono individuare e correggere in modo tempestivo le anomalie nei processi produttivi, riducendo gli scarti e migliorando la qualità del prodotto finale. Un altro sviluppo rilevante è la servitizzazione dei macchinari connessi, ovvero il passaggio dalla vendita di un prodotto alla fornitura di servizi: questa tendenza è particolarmente interessante per le PMI che hanno difficoltà nel sostenere i costi di nuove macchine.
Come ha confermato Salvadori: “Guardando al futuro, una prima grande sfida da cogliere riguarda la valorizzazione dei dati raccolti dai dispositivi. Da un lato, l’utilizzo dei dati può migliorare le performance del business attuale tramite, per esempio, l’efficientamento delle operations o il miglioramento dell’offerta. Dall’altro, permette alle imprese di espandere il proprio business o modificarne la natura, abilitando servizi aggiuntivi per i propri clienti e nuovi modelli di business basati sulla servitizzazione. Su questi temi c’è ancora molta strada da fare, anche se iniziano ad arrivare sul mercato nuove soluzioni sempre più avanzate in grado valorizzare concretamente i dati raccolti”.